Porsi questa domanda è sempre più comune, al giorno d'oggi sempre più lavoratori dipendenti cercano di "arrotondare" un po' e la domanda "ma mi serve la partita iva per fare questa cosa?" viene posta sempre di più.
Iniziamo dal vedere in quali casi bisogna aprire una partita Iva e in quali non ce n'è bisogno.
Il primo caso in cui non serve la partita Iva è quello delle prestazioni professionali non abituali, un lavoro autonomo occasionale, quindi tutte quelle situazioni in cui la prestazione lavorativa non è continuativa nel tempo.
Altra situazione in cui la Partita Iva non è obbligatoria è quella che riguarda il percepimento di royalties per lo sfruttamento economico del diritto di autore. Ad esempio, i compensi che ricevono i giornalisti per gli articoli scritti per i giornali con cui collaborano, o i diritti per lo sfruttamento economico di marchi, brevetti opere dell’ingegno ed artistiche.
In tutti gli altri casi, come le attività imprenditoriali o artigianali la partita IVA è sempre obbligatoria.
Molto comuni al giorno d'oggi sono gli e-commerce e attività di network marketing, per entrambi la partita Iva è obbligatoria, essendo esercizi di attività d'impresa e come tale non possono mai essere considerati lavori occasionali.
Per i lavoratori dipendenti del settore privato non vi è alcuna limitazione di legge all’apertura di una partita IVA per esercitare una seconda attività lavorativa. Lavoro dipendente e partita IVA, quindi, generalmente possono coesistere contemporaneamente. Si può fare mantenendo il proprio lavoro dipendente a patto che non vi sia concorrenza tra il lavoro svolto come dipendente e quello a partita IVA e sempre che il contratto da dipendente non lo vieti espressamente. Altrimenti potrebbero esserci fattispecie di licenziamento per giusta causa.
L’unico aspetto da prendere in considerazione è una eventuale attenzione al patto di fedeltà all’azienda. Si tratta di un patto di non concorrenza. Infatti, è fatto divieto al lavoratore dipendente di svolgere attività in concorrenza al datore di lavoro, in proprio o per conto di terzi. Tale obbligo sussiste, generalmente, fino a quando il lavoratore è dipendente dell’azienda. Tuttavia, tale patto può prevedere anche un divieto anche successivo alla cessazione del rapporto lavorativo, anche in caso di licenziamento.
Accanto a questo aspetto c'è sempre da tenere in considerazione un obbligo di riservatezza delle informazioni. Il lavoratore dipendente, anche dopo la sua fuoriuscita dall’azienda, ha l’obbligo di non divulgare a terzi le informazioni ricevute durante il suo lavoro. Questo aspetto, inserito in tutti i contratti di lavoro, serve per tutelare l’azienda da possibili scambi di informazioni con concorrenti.
I lavoratori dipendenti infedeli al patto di non concorrenza possono andare incontro al licenziamento per giusta causa e al rimborso del danno al datore di lavoro.
Per i dipendenti del settore privato non vi è alcun obbligo di comunicazione al datore di lavoro in merito all’apertura di partita IVA. Questo sia per attività di lavoro autonomo di tipo professionale che imprenditoriale. Allo stesso modo, anche se si svolgono attività di lavoro autonomo occasionale o il percepimento di royalties.
Vediamo ora invece il rapporto tra partita Iva e lavoratori nel settore pubblico.
Nel pubblico impiego lavoro dipendente e partita IVA possono coesistere molto più difficilmente. Tutti i lavoratori della Pubblica Amministrazione sono vincolati dall’obbligo di esclusività. Il dipendente pubblico, infatti, è chiamato a svolgere il proprio lavoro in maniera esclusiva per l'Amministrazione a cui appartiene. Questo obbligo non consente al lavoratore dipendente che opera nel pubblico impiego di operare anche in forma autonoma. In linea generare, quindi, per i lavoratori del pubblico impiego lavoro dipendente e partita IVA non possono coesistere.
Esistono, tuttavia, alcune eccezioni all’obbligo di esclusività. Ad esempio i docenti e gli insegnanti pubblici. Questi lavoratori, infatti, possono esercitare senza problemi anche la libera professione. La stessa possibilità è concessa anche al personale assunto con contratto part-time con prestazione lavorativa non superiore al 50%.
L’obbligo di esclusività è riservato ai soli dipendenti della pubblica amministrazione. I lavoratori assunti in aziende a partecipazioni pubbliche, invece, non sono soggetti a questa disposizione. Per questi lavoratori si applicano le stesse disposizioni previste per i lavoratori del settore privato. Questo, in virtù del fatto che le aziende a partecipazione pubblica rappresentano a tutti gli effetti delle normali aziende private nelle quali però uno dei soci è lo Stato.
Comments